Il Mulino di
Silvio
Segonzano
Dieci passi sotto la
strada provinciale che attraversa Segonzano, a guardare giù la Val di
Cembra assieme ad un pugno di altre case, c'è il mulino di Silvio
Folgheraiter costruito nel 1952 dopo che il primo mulino di famiglia, a
Prà sull'Avisio, si era dovuto fermare per mancanza di carburante, e cioè
dell'acqua dell'Avisio che lo muoveva tolta alle pale per decisione
dell'amministrazione pubblica. Lì il padre Giuseppe con l'aiuto di Silvio
e dei fratelli aveva un'attività florida. E questo nonostante la
concorrenza di altri mulini della zona. Con la costanza e la fierezza dei
valligiani l'attività, allora, era stata spostata in alto, qui, in paese.
E qui in paese, seppure in dimensioni ridotte, con le stesse macchine
installate nel 1952 sta tuttora durando questo lavoro, uno dei più antichi
del mondo. Un ufficietto di quattro metri quadrati con telefono, una sedia
impagliata, un paio di timbri e una calcolatrice, il profumo delle farine,
un rumore di fondo delle pulegge in moto, muri e pavimento infarinati di
bianco ovunque, brontolii dei laminatoi, aspiratori, tutto o quasi
ricoperto in legno di pino, la madia con la farina bianca, i sacchi di
iuta con quella gialla, grossa, media, fina. E in mezzo lui, un
marcantonio che sposta i sacchi. Mentre va a rispondere al telefono
proviamo ad alzare quello che ha appena spostato lui con estrema facilità.
Ci rinunciamo, troppo pesante. Si guadagna bene?. Se facessi i conti in
maniera seria, credo che mi accorgerei di rimetterci. Ma questa è la mia
vita. Non so rinunziarvi. Da quanti anni lavora nel settore?. Dai tempi
della scuola, già nel vecchio mulino di Prà giù sul greto dell'Avisio.
Andavo lì la sera e, mentre controllavo durante la notte i macchinari,
facevo i compiti. Ogni tanto mi riposavo su qualche sacco di farina
disteso a mo' di letto e alle tre di notte mi dava il cambio mio padre.
Tornavo a casa,
dormivo un paio di ore a letto
e poi andavo a scuola. mattina e pomeriggio. Soltanto per spostarmi da
casa al mulino o a scuola facevo molti chilometri al giorno a piedi. Alla
sera si caricavano i cavalli e i muli con i sacchi. E' lì che ho imparato
ad essere fisicamente forte. Qualche gioco, da ragazzino, l'avrà pur
fatto... Sì, andavo nel bosco a "far legna", a riempire una gerla e
portarla a casa. Quello era il mio e nostro gioco. Non c'era tempo per
giocare, no davvero. Quanto si guadagnava con il mulino di suo padre? Non
si era pagati in moneta ma in natura, un tot di farina per ogni quintale
di grano o frumento lavorato. Da quanto tempo è rimasto qui solo a gestire
il mulino? E' dal 1972 che sono solo. I miei figli hanno preferito
studiare. Eppoi ho avuto soltanto un figlio maschio che è psicologo. Le
figlie sono una insegnante, una laureata in legge, un'altra... Ma chi
sono, adesso, i suoi clienti? Quasi tutti privati, clienti affezionati
delle valli vicine che arrivano qui a farsi macinare i piccoli
quantitativi di grano, oppure gente che viene a comperare la mia farina
bianca che va bene per ogni uso: dolci, pane, pasta. Poi faccio la farina
gialla in tre grane diverse. Poi c'è la farina saracena. Quante ore lavora
oggi? Molto meno di una volta. Adesso da casa mia scendo qui alle nove di
mattina. Rimango fino alle dodici. Vi torno dalle due del pomeriggio fino
alle sei. Nastri, pulegge, ingranaggi, aspiratori, laminatoi, semolatrici,
tutte apparecchiature vecchie? Le più giovani hanno cinquant'anni. Sono in
funzione da quando ha cominciato ad entrare in produzione questo mulino.
Uno dei tre laminatoi, invece, viene da Prà ed ha oltre cento anni. Faccio
io stesso la manutenzione. Quale futuro ha un piccolo mulino come il
suo?
Nessun futuro. I ritmi, i criteri, le modalità e le quantità del
commercio moderno strozzano piccole realtà come queste. Anche mulini di
più grosse dimensioni del mio rischiano grosso. Quando smetterà? Dipende
soltanto dalla mia salute. Finché ci sarà quella continuerò. La si chiami,
la mia, attività, hobby o divertimento, questa è la mia
vita.